CULTURA

CAVIGNAGA

La frazione di Cavignaga attualmente è la più popolata del comune di Bedonia.

Le case sono sparse lungo la provinciale n.90 e sono raggruppate in 5 agglomerati,  Cassottane, ButÖ, Capellini, Caramatti e Di la dal Rio.

Al centro del paese si trova la chiesa risalente al 1765, ampliata nel 1963 e recentemente restaurata, è dedicata a S. Gioacchino, festeggiato solennemente la 3° domenica del mese di agosto.

Vengono altresì venerati la Madonna di Fatima (13/5), San Luigi Gonzaga (21/6) e Santa Teresa di Gesù Bambino (01/10).

Nell’ultimo secolo, ha subito un forte calo demografico dovuto soprattutto all’emigrazione.

Alla fine del 1800 diversi abitanti esercitarono il mestiere di orsante (fam. Bernabò – fam. Corti – fam. Vaccari) percorrendo il nord Europa, soprattutto Austria e Germania, arrivando fino in Turchia.

Fino agli anni’70 era attiva anche la scuola elementare, costruita totalmente con le donazioni fatte dai paesani emigrati in America.

 

 

MONTARSICCIO

La prima testimonianza scritta relativa al borgo di Montarsiccio è datata al 5 ottobre 1022 e si tratta di un atto notarile per la divisione dei beni del nobile Plato Platoni tra i suoi figli. L\'area di Montarsiccio venne assegnata al figlio Lusiardo Platoni che successivamente originerà la casata dei Lusardi che avranno appunto titolo di signori di Montarsiccio.

Le prime tracce dell\'edificazione di un fortilizio in località Montarsiccio risalgono all\'epoca romana, ma fu col medioevo che esso trovò per la prima volta una struttura in pietra.

Il castello venne ricostruito più volte  e fortificato all\'epoca di Ubertino Landi, celebre condottiero ghibellino, che qui morì e si fece seppellire nella vicina chiesa di San Martino vescovo.

Infatti Ubertino soleva trascorrere lunghi periodi nella propria casa di Montarsiccio e fu lì che morì nel 1298.

Nel 1927 durante i lavori di ampliamento del coro della chiesa, venne rinvenuta una tomba sul cui interno si trovò uno scheletro, un cinturone di pelle alto 5 centimetri, un manico d’ osso intarsiato e bottoni di metallo.

 Il castello, cadde successivamente in rovina e ad oggi di esso rimangono solo poche rovine poste in posizione tra la canonica e la chiesa locale.

Tra gli edifici di pregio da ricordare la Chiesa dedicata a San Martino che sorge dove un tempo si trovava la cappella del castello

Come tutte le piccole frazioni anche Montarsiccio risente dello spopolamento della montagna, ma possiamo ancora trovare un buon numero di famiglie e soprattutto nel periodo estivo numerosi emigranti che si ritrovano per festeggiare la festa del patrono.

TASOLA

850 m.s.l.m.

Da Bedonia 6,8 km.

La chiesa è dedicata a S. Matteo apostolo, ha due altari laterali adornati di pregevoli stucchi, uno è dedicato alla B. Vergine di Caravaggio, la cui festa si celebra nell’ultima domenica di maggio; l’altro è stato eretto in onore della Madonna delle Grazie e si festeggia nell’ultima domenica di luglio. Le statue della Madonna di Caravaggio con la Santa Giovannetta e della Madonna delle Grazie con i baldacchini-portantine furono restaurati dalla ditta Sclavo di Cremona nel 1947-48.

Il Santo titolare, S. Matteo, veniva festeggiato il 21 settembre, attualmente nella domenica più vicina. Non vi è la statua, ma in coro vi è un grande quadro ad olio, che lo raffigura.

Un’ annotazione interessante riguardante l’acquedotto.

Essendo il paese senz’acqua ed il monte soprastante senza sorgente, il parroco pensò di ricorrere alla Rabdomanzia.

Nel 1913 un rabdomante di Bragance, chiamato Antonio Rigon, indicò l’acqua nella località “Carà” (dell’Abio) alla profondità di 14 metri, mentre nel 1924 un frate, P. Innocenzo da Piovere, del convento di Varzi, individuò l’acqua nella località “Lagore”, alla profondità di 13 metri.

I parrocchiani scavarono due fossi profondi circa 7-8 metri, ma non credendo alla scienza della bacchetta, non vollero scavare oltre. Il frate ritornò nel 1930 dietro insistenza e indicò l’acqua, dove esisteva già un po’ di umidità superficiale e incoraggiò a scavare. Così fu fatto: nell’anno seguente si incominciarono i lavori e il 5 dicembre 1932 l’acqua arrivava in paese”.

Nel  1628 vi erano a Tasola 250 abitanti, nella prima metà del 1800 Tasola era praticamente proprietà di due famiglie, quelle dei Ratti e dei Chiappari, mentre i Taserotti si dedicavano alla pastorizia, alla stentata agricoltura e alla raccolta delle castagne.

Tutta l’economia si sviluppava e si esauriva in loco: i cereali venivano macinati in un mulino e le castagne essiccate in un altro; ambedue i mulini, di Raffaello e di Marghera, erano attivati dall’acqua del Ceno.

CALICE

877 m s.l.m.

Da Bedonia 10.7 km.

La chiesa dedicata a Sant’Apollinare sorge in suggestivo contesto paesaggistico, e presenta interessanti reperti, a partire da una rara stele funeraria romana conservata al suo interno. La chiesa presenta inoltre interessanti decori e affreschi realizzati da Romeo Musa.

Calice, come tanti paesi di montagna, ha visto molti dei suoi figli, emigrati sia in Italia che all’estero.

In particolare Calice ha visto tre fratelli che lo hanno reso famoso: il Dott. Severino, il Prof. Romeo e don Enrico Musa, parroco.

II Dott. Severino Musa (1885-1971), oltre all’apprezzata professione di medico, si appassionò caldamente alla ricerca di archeologia locale, rinvenendo e collezionando preziosi e significativi reperti, tra i quali una «Venere paleolitica» proveniente da Prato di Bedonia (1954), Il Dott. Severino ha pure collaborato con i suoi scritti alla pubblicazione di articoli specifici sul «Bollettino Storico Piacentino», fra le sue opere: «Il Castello di Montarsiccio».

Il Prof. Romeo Musa, pittore, xilografo, scrittore (1882-1960),fu  incisore, pittore, narratore, e poeta dialettale arguto e divertente, ricco di risorse nell’affrontare le varie vicissitudini della vita per saperle sfruttare come opportunità per esprimere la sua creatività. La preziosa produzione, che costituisce praticamente l’OPERA OMNIA del Prof. Romeo, è custodita presso il Seminario di Bedonia, cui è stata donata dagli eredi.

Don Enrico Musa, parroco prima a Montarsiccio e poi a Codogno, dove morì il 26 gennaio 1967, pastore stimato ed apprezzato dalla popolazione e dai confratelli.

Racconti di un tempo…

Si facevano bollire le cinorrodi (petelengue), l’infuso da caldo serviva per digerire, freddo era una bevanda dissetante.

Ricetta tipica le lumache in umido con la polenta.

Quando non avevano a disposizione le erbette, facevano la torta con le foglie delle primule.

MASANTI

Pare che un tempo si denominasse “Monsanti” (Monte del Santo) Il Molossi, nel suo “Vocabolario topografico dei Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla” del 1832 scrive: “Villa del Comune di Compiano, divisa in due corpi, cioè Masanti di Sopra e Masanti di Sotto, è la villa più fertile di questa vallata”.

La popolazione di Masanti, prima della grande peste del 1630 era costituita di 240 anime, nel 1831 di 357.

Le Famiglie Taddei e Delnevo erano scimmianti, girovaghi che  favevano ballare le scimmie con il “Teatro delle scimmie” nei paesi del nord specialmente in Germania.

il Patrono è Sant’Andrea  Apostolo, l’ultima domenica di novembre, mentre la sagra del paese è il 09 di agosto “San Fermo”  soldato martire a cui la chiesa è dedicata. Oratorio Sant’Antonio è a Masanti Sotto.

Tradizione culinaria sono i “Pegai” piatto locale  di Masanti, Scopolo, Illica e Cereseto.

L’emigrazione ha spopolato tutti i paesi della montagna, per la penuria di attività redditizie. Masanti ha una risorsa naturale, che ha frenato un poco l’esodo: l’acqua delle Fonti di S. Fermo, denominata Acqua minerale Lynx, la cui distribuzione coinvolge un buon numero di addetti.

L’ottima qualità dell’acqua già godeva fama nei secoli passati, se si deve credere a quanto affermava il Molossi: “È credenza fra quei terrieri che le acque di un fonte, che scaturisce al Nord-Est di Monte Pelpi, guariscano da molti mali coloro che ne bevono, o ne prendono i bagni…”.

SELVOLA

SELVOLA

Sono capitato a Selvola precedendo di un giorno

una famiglia di amici che da alcuni anni, come è ormai privilegio diffuso, tengono in affitto la casa in montagna per passarvi le ferie in economia, ma anche segno d\'un certo benessere raggiunto dai ceti sociali saliti alla ribalta in questi ultimi decenni. Prima di giungervi l\'avevo cercata sulla cartina in quel di Bedonia - così mi era stato detto - ma non pensavo all\'ultimo puntino segnato sull\'arco di una strada comunale i cui estremi si ricongiungono su quella che conduce poi oltre il passo del Tomarlo (1400) nella confinante Liguria.

Selva, dolce paese collocato sullo scenario del gruppo del Maggiorasca (1800) là dove l\'Anzola, che ne riceve le acque, compie l\'ultimo balzo per diventare uno dei più importanti affluenti dell\'alto Ceno, Selvola sorride a chi, dalla balconata della statale, sosta per godersi il panorama che gli si para d\'improvviso, come una macchia viva di colore in cui predomina il rosso, sul largo contorno del verde dei prati digradanti e dei faggeti. Questi dovevano ben essere estesi e folto il sottobosco se il nome del paese deriva da piccola Selva.

Selvola paese felice ricco di freschissime acque lontano dal frastuono del mondo. Il giorno non soffoca la voce degli uomini con quella orribile dei motori; la notte, cullato unicamente dal canto del suo torrente. Selvola, paese di gente cordiale e modesta, dignitosa e temprata, che conosce il lavoro dei campi, ma anche l\'emigrazione e il freddo umido e il caldo torrido della città ove i giovani soprattulto sono costretti a scendere per trovare talvolta dura occupazione: ma il loro paese, se lo portano tutti nel cuore e gli uni e gli altri ritornano, chi è vicino, il sabato e la domenica, chi è lontano, per le ferie e allora negli incontri si sente parlare l\'inglese o il francese; chi ormai avanti negli anni ritorna con un bagaglio di esperienza e di civiltà da altri Paesi - Londra

Nuova York - per rifarsi il nido, la propria casetta lasciata e mai dimenticata, ricostruirla per sè e per i nipoti, conservando l\'esterno, ma di dentro dotandola di ogni moderno conforto.

C’è la piazzetta che raccoglie attorno a sè il paese, che si prepara a diventare assai suggestiva poiché è nei pensieri di molti toglierla all’asfalto e restituirla al ciottolato di questi bei sasso verde scuro e bianchi, come si vedono sotto un porticato aperto, tirati a lucido. L\'ho notato come una cosa bella e con compiacimento verché il pensiero è corso alle nostre case d\'un tempo, povere case, ma d\'un pulito e d\'un calore esemplari. E l\'atmosfera che si avverte girando per il paese e fuori, negli incontri semplici e naturali gente.

Dopo qualche tempo ci si saluta a braccio dai campi e se vi raggiungono per la strada vi fanno posto sul trattore o sul carro del fieno e voi, felici e beati, vi sentite uno di loro, immersi in un mondo tanto irreale quanto v\'era sconosciuto.

In fondo al paese, con le case a ridosso, il piccolo oratorio con i santi protettori, \"il palladio - in miniatura, simbolo di valori coltivati con semplicità e concretezza. In questi giorni è stato rimesso a nuovo, ma c’è chi nel suo segreto, con ardito quanto amoroso auspicio, vedrebbe la Chiesa a lato della piazza col campanile che si vede da lontano. Un sogno, certamente ma un sogno d\'amore per il proprio piccolo paese.

D\'inverno Selvola si ammanta di neve e d\'un silenzio di fiaba, Orione e Sirio particolarmente Lucenti in questo cielo, in primavera esplode nella verzura; d\'estate l\'aria dolce la rende soggiorno ideale ed è la sagra di rari frutti del sottobosco; l\'autunno la circonda di colori ed è all\'avvicinarsi di questa stagione, alle prime piogge, che nubi rarefatte si calano in amoroso abbraccio sulle rocce delle alte cime ancora calde dell’estate, raro e suggestivo spettacolo, quasi un dolce imene fra la terra è il cielo. La vita in questo paese trascorre tranquilla; c\'è il lavoro dei campi, degli orti, c\'è la legna, c\'è il bestiame.

Ma d\'estate quest\'ultimo è auviato sui monti e allora si ripete forse da sempre, ogni giorno, ogni sera un fatto straordinario agli occhi del

forestiero che giunge dalla città: uno scampanio che si veste d\'allegrezza man mano si avvicina, tanto caratteristico e qui familiare è la processione delle mucche libere e mansuete che sentono l\'ora della mungitura e tornano dai pascoli. Al vostro richiamo esse rispondono talvolta fermandosi e aprendo verso di voi due grandi orecchi quasi per carpire il segreto del vostro linguaggio per ricambiare poi a loro modo, s\'intende con un breve muggito, la vostra attenzione per loro.

Una nota di forte colore locale che ha il potere magico di ricollocarvi nel mezzo della natura che pareva dimenticata e che risveglia in

chi - come me trae origini contadine, echi di fanciullezza ormai tanto lontani e forse un rimpianto segreto.

Brenno Mingori

 

LIBBIA

Distanza da Bedonia 2.5 km.(650 slm)

Alla fine del 1300 una frana interessò per alcuni secoli la zona che va da Nociveglia a Monti e smise di avanzare nel 1616 giungendo alle porte di Bedonia.

La frana scese dalla cima Agucchia parte Ovest del Monte Pelpi travolgendo una plaga fertile e ben esposta a mezzogiorno, cosparsa di piccoli villaggi di contadini Bocho (Bozzi), Casalazoni, Prato, dove vi erano le terre migliori, i più bei vigneti e gli orti che alimentavano i notabili del luogo ed era il granaio di proprietà dello Stato dei Landi i Signori di Compiano e Bardi.

Tra questi villaggi vi era Februario che dopo la frana fu ricostruito e prese il nome di Lϋbia dal dialetto Lϋbiau che significa franato.

Le famiglie che popolavano quei villaggi erano state private della terra dei cui frutti vivevano fu allora che molti emigrarono all’estero diventando girovaghi, esibitori di animali gli “Orsanti”.

 Gli anziani raccontano che quando aravano, venivano spesso rinvenuti reperti dell’antico paese e ogni anno li davano in donazione al Seminario Vescovile di Bedonia.Nel piccolo borgo si possono trovare foto di antichi ritratti  e una tabella informativa sulla sua storia.

Potete sedervi e leggere un libro nella BiblioLibbia, una piccola biblioteca all’aperto a disposizione dei passanti.

FONTANACHIOSA

Distanza da Bedonia 9.2 km. Altezza 878 slm

 

Anticamente il paese di Fontanachiosa non sorgeva dove si trova ora, ma in una località chiamata Pozzo.

Un terremoto avvenuto intorno al 1800 fece crollare tutto il paese del quale,  fino a qualche anno fa,  si potevano ancora scorgere i ruderi.

Oggi è ancora visibile un laghetto chiamato laghetto del Pozzo.

A causa del terremoto crollò anche la chiesa, che in un secondo tempo fu poi ricostruita a Casaleto mentre a Fontanachiosa ersero un oratorio dedicato alla madonna del Carmine festeggiata ogni anno il 16 luglio o la domenica successiva con la celebrazione della messa e la processione con la statua della madonna che viene portata in spalla intorno al paese.

In occasione della sagra c’era la tradizione che  il macellaio venisse da Bedonia, comprasse una bestia e  la uccidesse per poi rivenderne un pezzo ad  ogni abitante.

Più di 65 anni fa il parroco di Tasola don Ernesto Lusardi fece fare i permessi per costruire un acquedotto che dal pozzo presente in  loc. Fontanassa a Fontanachiosa portasse l’acqua fino a Tasola, tutt’oggi ancora  attivo.

MUSEO GLI ORSANTI

Questa mostra museo tratta la storia degli Orsanti e, più in generale, delle genti dell\\\' appennino settentrionale che, costrette a divenire girovaghe, nell\\\'arco di alcuni secoli emigrarono in paesi lontani alla ricerca di una vita migliore. In maggioranza i commedianti provenivano dalla valle del Ceno e dalla valle del Taro, ossia dall\\\'appennino parmense. Le loro specialità erano le esibizioni nelle strade e fiere, suonando e replicas de relojes mettendo in mostra scimmie, cani, uccelli, orsi e cammelli più o meno addestrati.
Venivano chiamati \\\"Orsanti\\\".

MUSEO GLI ORSANTI

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Questa mostra museo tratta la storia degli Orsanti e, più in generale, delle genti dell' appennino settentrionale che, costrette a divenire girovaghe, nell'arco di alcuni secoli emigrarono in paesi lontani alla ricerca di una vita migliore. In maggioranza i commedianti provenivano dalla valle del Ceno e dalla valle del Taro, ossia dall'appennino parmense. Le loro specialità erano le esibizioni nelle strade e fiere, suonando e mettendo in mostra scimmie, cani, uccelli, orsi e cammelli più o meno addestrati.
Venivano chiamati "Orsanti".

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Castello di Compiano

Dal fondovalle dell'Alta Val Taro lo sguardo si alza verso un colle: ecco Compiano, con il borgo antico parte del Club dei borghi più belli d'Italia, e appena più in alto il castello. Salirete sul crinale che domina il fiume Taro e vi lascerà senza fiato il maestoso Castello di Compiano, fondato sulla via che collegava l'Emilia, la Toscana e la Liguria.
Un maniero possente, con 3 torri circolari alla piacentina e una quadrata, più antica, che ospitava le prigioni. L'arrivo è emozionante: gli archi di ingresso, il giardino e le mura, le statue, il rivellino per ammirare il panorama dell'Appennino.
La visita guidata comprende le sale arredate della Marchesa Gambarotta: la biblioteca, la cappella del Collegio, studio, camera da letto, fino ai saloni affascinanti dedicati all'Oriente e alla Musica. Un castello semplice e forte all'esterno, che all'interno rivela invece delle stanze eleganti e ricche di opere d'arte. 
Visitare il Castello è come seguire le tracce delle nobili dinastie Landi, Grimaldi, Farnese. Pizzi e ventagli veneziani, tappeti spagnoli e francesi, manifatture Richard, statuette in bisquit, candelieri Limoges e armature fanno rivivere il tempo che fu.
Il percorso arriva quindi al Museo Internazionale Massonico: unico in Italia, con una ricca collezione di oggetti della Massoneria Anglosassone degli ultimi 300 anni, paramenti, oggetti di valore, e anche la ricostruzione di un tempio massonico. Dal 1997 è stato riscoperto il legame fra il Principato di Monaco ed il Castello di Compiano.
Una parte del castello è oggi adibita a relais e centro convegni per un soggiorno raffinato, ricco di stimoli culturali.
 
 

Chiesa di San Pietro Apostolo, Porcigatone (Crocifissione del Lanfranco)

La chiesa di San Pietro apostolo sorge in località Porcigatone, fuori dell'abitato, lungo la Strada Comunale dei Gherardi, con orientamento Nord-Sud, preceduta da un ampio sagrato.Nella Chiesa di San Pietro Apostolo a Porcigatone di Borgo Val di Taro (Parma) è presente un’importante tela seicentesca raffigurante la Crocifissione, opera di Giovanni Lanfranco( datato 1611 )

Apertura in occasione di cerimonie religiose o su prenotazione (contattare l’ufficio informazione turistica di Borgotaro Tel 052596796 uit@comune.borgo-val-di-taro.pr.it)

Giovanni Lanfranco fu un artista molto dotato e che ebbe l'opportunità di mettere da parte un bagaglio culturale di notevole importanza, in quanto assorbì non solo il classicismo dei Carracci, di cui fu allievo, ma anche la lezione di Correggio, in particolare quella del Correggio degli affreschi di Parma. Giovanni Lanfranco elaborò tutte queste suggestioni per dare vita a uno stile originale, che di fatto diede origine alla grande decorazione barocca: è infatti suo il primo lavoro compiutamente barocco che possiamo trovare nella Roma del Seicento. 

 

 

 

MUSEO DELLE MURA - MUSEO DEL FUNGO PORCINO DI BORGOTARO

Il museo delle mura a Borgo Val di Taro è uno spazio museale ricavato dalla costruzione originaria del castello di Borgotaro, di cui non restano che poche tracce. Le caratteristiche sale, con i muri in sasso, permettono la creazione di ambientazioni ad hoc di alto impatto emozionale. Di proprietà dei Marchesi Manara fu utilizzato come asilo e dopo il 1994 a seguito dell'ultima ristrutturazione è stato adibito dal Comune a luogo di incontro culturale.

Il museo delle mura diventerà a fine 2021 la sede del MUSEO DEL FUNGO DI BORGOTARO, che avrà una sede distaccata anche nel palazzo municipale di ALBARETO.

Scopri di più sul sito dei MUSEI DEL CIBO DI PARMA

SEMINARIO DI BEDONIA E MUSEI

Il Seminario Vescovile di Bedonia spicca nella sua imponenza architettonica, esaltata dall'esiguità del paesino, a fianco del Santuario della Madonna della Consolazione, meglio conosciuta come Madonna di San Marco, ove dal 1685 si venerava la Madre di Cristo in una piccola cappella ancora esistente. L'idea di fondare un'istituzione culturale per i giovani della vallata si deve a don Giovanni Agazzi e all'allora arciprete del paese, don Stefano Raffi..
Oggi il seminario si estende su quasi 6000 mq. coperti. Tutta la popolazione della vallata partecipò per cinque anni alla costruzione del seminario stabilendo un legame che si è conservato intatto sino ad oggi.

Il polo museale è vasto e di grande interesse, fra cui ricordiamo:

-MUSEO ARCHEOLOGICO

-PLANETARIO

-QUADRERIA

-MUSEO DI STORIA NATURALE

-BIBLIOTECA ANTICA

Scopri come visitare i musei SITO WEB

MUSEO DELL'EMIGRANTE TARSOGNO

Inaugurato alla fine di luglio 2004. L'allestimento e la progettazione sono stati curati dall'Architetto Mario Ghiretti. Il Museo, che ha sede nel Centro Giovanile, è stato dedicato alla Professoressa Anna Maria Figoni, docente della Scuola Media di Tarsogno, recentemente scomparsa, che da sempre aveva promosso e sostenuto iniziative volte a valorizzare la memoria storica. L'ampia sala espone circa 300 fotografie di emigranti, oggetti vari tra cui una fisarmonica, alcune valigie di cartone, bauli con il corredo più bello, una cassetta porta oggetti (cassetta dei Mersà) di uno dei primi emigranti contenente un pò di tutto: chincaglierie, bottoni, lucido da scarpe, bottigliette di brillantina; poi abiti, cravatte e calze di seta. Suscita curiosità uno specchio, che diventa la copertina di un album di foto d'epoca proveniente dalla Francia.

Il Museo è aperto da luglio a settembre con il seguente orario:
- Luglio e Settembre, solamente il venerdì – sabato – domenica dalle ore 16.00 alle 19.00.
- Agosto, tutti i pomeriggi dalle ore 16.00 alle 19.00

Per informazioni: